Dal libro "Lavena Ponte Tresa: vicende e documenti" di Gianpiero e Cinzia Buzzi, 1990
Da un "Compendio a pro di Marcio" del 1727 risulta che nella prima metà del '400 questo paese era formato da un cascinale abitato da pochissime famiglie. Le poche costruzioni (che qualcuno identifica nella frazione di Roncate) erano sorte sul territorio appartenente a Lavena e pertanto il cascinale faceva parte di questa ultima comunità. Con l'aumento della popolazione al cascinale aumentarono anche le difficoltà.
Lavena era il centro in cui ci si doveva recare in occasione di convocati per trattare e prendere decisioni riguardanti i problemi comunitari; a Lavena dovevano recarsi gli abitanti di Marzio per soddisfare i loro bisogni spirituali non essendoci in luogo chiese e sacerdoti. La distanza non era molta, meno di tre miglia, ma i sentieri erti, la neve ed il ghiaccio invernali e le alluvioni estive rendevano lo spostamento difficoltoso ed a volte impossibile.
Avveniva che spesso i rappresentanti di Marzio non potevano essere presenti ai convocati, che i bambini venivano portati per essere battezzati nella chiesa di San Pietro e Paolo di Lavena solo quando la stagione lo permetteva e che molti fedeli morivano senza sacramenti.
Anche soddisfare il precetto festivo era un problema e fu il vescovo di Como Monsignor Filippo Archinti che esortò gli uomini a fabbricare una chiesa sul posto. I pochi abitanti (12 famiglie) tanto fecero che all'inizio del '600 ebbero il loro oratorio ed il loro vicecurato qualche anno dopo. Per circa 45 anni le cose procedettero abbastanza bene finché incomprensioni tra il vicecurato di Marzio ed il Priore di Lavena spinsero la comunità montana a chiedere l'autonomia spirituale.
Il 23 marzo 1647 Marzio venne eretto in parrocchia dal vescovo di Como Monsignor Lazzaro Carafino. Naturalmente con questa soluzione i problemi furono risolti solo a metà poiché la "cascina" amministrativamente dipendeva sempre da Lavena. Gli uomini di Marzio, già in minoranza numericamente a volte non erano neppur presenti ai convocati che si tenevano sulla piazza di Lavena. Avvennero risse, discordie e liti gravissime che sfociarono in un "barbaro homicidio di un povero particolare (privato) di Martio", appunto "perché voleva dir sua ragione toccante il maneggio della comunità".
Come sempre, dopo che ci è scappato il morto si presero provvedimenti: il Magistrato Ordinario separò Marzio da Lavena con un atto di translazione in cui si fissarono i confini di ciascun territorio, si stabilirono le quote dei carichi fiscali di ciascuno che in percentuale risultarono un terzo a carico di Marzio e due terzi per Lavena. L'atto venne rogato il 28 novembre 1659 dal notaio Giovanni Antonio Monaco. Nonostante questo Lavena considerò ancora per molto tempo come appartenente al suo territorio quello di Marzio, e dopo più di 60 anni scoppìò una ulteriore controversia.
Fu in occasione del nuovo Censimento catastale che Lavena chiese al Commissario Delegato della Real Giunta del Censimento dottor Francesco Gerolamo Bottigella che nella stesura delle mappe si unissero le due comunità come erano in passato. La protesta di Marzio fu immediata e venne inoltrata il 20 gennaio 1723. Fecero presente il Sindaco ed il Console che la riunione avrebbe riacceso disordini, scandali e liti la cui eco non si era ancora sopìta, protestarono che quelli di Lavena avevano già incominciato a "beffeggiare et insultare quelli di Martio, apertamente e temerariamente" ed aggiunsero che "non si può attribuire quest'indebita domanda che ad arroganza, invidia dell'altrui pace, ed a motivo di fomentar scandali; discordie e liti inevitabili in caso di riunione". Fecero presente che se la Sacra Congregazione dei Riti nel 1647 ed il Magistrato Ordinario il 28-11-1659, Rogito Notaio Gerolamo Monaco 28 novembre 1659, avevano deciso la separazione, ognuno per la sua parte, è perché avevano riconosciuto che la precedente unione era stata deleteria.
Ed a questo punto della protesta che era divisa in otto paragrafi viene coinvolta suo malgrado anche Ardena.
Si legge infatti nel paragrafo settimo: "L'esservi tra Martio e Lavena di mezzo una piccola terra chiamata Ardena la quale è senza paragone inferiore di anime e di terrìtorio, eppure fa comune a sé ... ".
Segue il paragrafo dicendo che Ardena non solo come territorio ed abitanti è inferiore a Marzio, ma è anche molto più vicina a Lavena. E mentre Marzio confina con Lavena solo in una piccola parte di territorio ove vi sono "precipizio dì monti e di rupi impraticabili alle stesse fiere", Ardena è collegata invece da una strada che unisce i due territori.
La controversia si allargò anche ad Ardena: la Giunta del Censimento prospettò l'aggregazione di Ardena a Marzio anziché quella di Marzio a Lavena. La proposta fu respinta sia da Lavena che da Ardena, quest'ultima vedendo minacciata la sua autonomia inviò una protesta dalla quale togliamo i punti più salienti.
a) Ardena è sempre stata comunità autonoma come si può vedere descritto nell'Opizzone e come risulta da istromenti del 1551, ancor prima del censimento del 1558. Non fa parte delle terre che sono state separate dal Magistrato Ordinario per esiguità di territorio o per por fine a liti di confine. La comunità possiede circa 1100 pertiche di territorio, ha il suo Console ed il suo Sindaco, ha la sua Chiesa ed il suo Curato, e pertanto sarebbe gravissimo pregiudizio unirla a Marzio.
b) Marzio per propria incuria è gravata da moltissimi debiti e vessata da numerose liti con i paesi confinanti: Lavena, Marchirolo, Cuasso al Monte e Brusino; sarebbe ingiusto che con la pensata aggregazione Ardena si dovesse far carico di debiti che non le competono. Inoltre Marzio deve soggiacere agli impegni presi alla firma dell'atto di traslazione del 1659 quando venne separata da Lavena. In detta occasione si impegnò a versare oltre ai suoi normali carichi fiscali anche una quota dei pesi relativi all'evacuazione del fiume Tresa in caso di piene od inondazioni, al mantenimento delle guardie, soldati e commissari sia di finanza che della sanità. Non può dunque la comunità di Ardena essere obbligata a pagare carichi per i quali non ha preso nessun impegno.
c) Ardena è composta per la maggior parte da capifamiglia che vivono in paesi lontani per procacciarsi il vitto e tornano solo sotto le feste natalizie in famiglia. Ha sempre pagato i suoi carichi fiscali, ha sempre rispettato gli impegni e, per grazia di Dio e per loro diligenza, hanno sempre tenuto lontani crimini facendo vivere agli abitanti una vita quieta: troppo ingiusta pena sarebbe il dover conseguire come ricompensa a tale buon governo un carico di debiti altrui, o perdere quella quiete a causa della naturale inclinazione dei vicini, dettata forse dalla necessità, ma che li porta a continui litigi.
In sostanza Ardena difendeva sia la sua autonomia che il pericolo di divenire territorio sottoposto. In questo caso sarebbero stati minoranza i suoi rappresentanti e sarebbero stati " sovrastati e dominati " da quelli di Marzio. Gli abitanti dei due borghi erano 208 per Marzio e 97 per Ardena, pertanto nei convocati gli ardenesi sarebbero stati meno di un terzo. La Giunta del Censimento prese in considerazione tutto questo ed abbandonando il progetto ritornò su quello primitivo di voler aggregare Marzio a Lavena. Seguirono ulteriori proteste ed accuse vicendevoli, ne risultò che anche se i documenti ufficiali dichiaravano Marzio aggregato a Lavena questo nella realtà non si verificò.
Nel documento che pone fine alla vicenda si legge che nonostante le ordinazioni del 19 gennaio 1723 e 16 marzo 1727 le scritture e le mappe restavano ancora separate nel 1757, e che la Real Giunta del Censimento ordinava di lasciare le cose come stavano.
Per rendersi conto della consistenza dei territori e degli,abitanti delle tre comunità riportiamo questi dati del 1725:
- Lavena pertiche del suo territorio 5448 e tavole 8, abitanti 336;
- Marzio pertiche del suo territorio 1964 abitanti 208
- Ardena pertiche del suo territorio 1092 abitanti 97.
Termina così una delle innumerevoli controversie territoriali, frequenti in tutte le comunità. La consistente documentazione formata da suppliche, memorie difensive a stampa, allegati comprendenti atti del '500 e '600 si trova presso l'Archivio di Stato di Milano.